Giuseppe Merlin - Bepo Marco (1881 -1964 ) - a Sparè tto Isole Sparse Spampinè nei palo avi Menago Tregnon
La botega-scola del Cavalier del laoroGiuseppe Merlin dito Bepo Marco (1881 1994) a Sparè tto Isole Sparse Menago - Verona, in de na foto del 1929
La storia dell'artigianato veronese del legno mostra eòl grande antenato illustrie nele Isole Sparse fzo da L'Isolo in città, verso el Menago ( Giusepe Merlin - Bepo Marco - 1881 1964 - se ispirava e mandava a imparar anca dale tarsie de Fra Gioani da Verona in S.Anastasia par ci vol vedar i'originali che i fa capir el livel de scola e de bravura la savuo tirar fora da sto esempio sche l'è uno dei piasè ben fati) e zo nele Isole Spampinè del Menago A Sparè nase , crese, se svilupa, par volontà, ingegno, e estro creativo e Genio di Giuseppe Merlin de l'Isola a Sparè. Guardando la cartina si nota che tutti i paesi dove si è sviluppato l'artigianato del mobile sono contenuti in un immaginario triangolo che ha al suo vertice la Città di Verona e all'estremità della base Venera e Casalon e ha il suo cuore in Asparetto.
La storia dell'artigianato veronese del legno mostra eòl grande antenato illustrie nele Isole Sparse fzo da L'Isolo in città, verso el Menago ( Giusepe Merlin - Bepo Marco - 1881 1964 - se ispirava e mandava a imparar anca dale tarsie de Fra Gioani da Verona in S.Anastasia par ci vol vedar i'originali che i fa capir el livel de scola e de bravura la savuo tirar fora da sto esempio sche l'è uno dei piasè ben fati) e zo nele Isole Spampinè del Menago A Sparè nase , crese, se svilupa, par volontà, ingegno, e estro creativo e Genio di Giuseppe Merlin de l'Isola a Sparè. Guardando la cartina si nota che tutti i paesi dove si è sviluppato l'artigianato del mobile sono contenuti in un immaginario triangolo che ha al suo vertice la Città di Verona e all'estremità della base Venera e Casalon e ha il suo cuore in Asparetto.
Il capostipite dei mobilieri de arte e de industria veronesi l'è cpar ciara fama Giuseppe Merlin, nato nel 1881 ad Asparetto e morto a Asparetto nel 1964 e lì sepolto. Bepo Marco , ia scumizià ala fine dei ani diese inventando la «botega-scola artigiana, prima di restauro, po de costruzion del mobile d'arte da in doe è nata e dopo tute le Isole Sparse - Spampinè a tentà de imparar come se fa el mobile d'arte e el mobile industriale veronese. Abilissimo marangon -artista - industriale - e di grande fiuto imprenditoriale, Giuseppe Merlin - Bepo Marco - con i so du fioi Remo e Vasco l'è deventà grande e magnifico. Grazie all’insegnamento che gà dato a tanti zoeni che a verto pian pianin botega e i'à poduo calcar le orme del Maestro Inclito e insuperato. E' vegnuo fora tantissime aziende artigiane de bone e de triste nei ani che vanno dal 1950 ai nostri giorni. Fin al 1950 l'unica botega caposcola era la sua : quela de Giusepe Merlin Bepo Marco (1881 1964) a Sparè Isola Spampinà nei palo avi Menago.
Asparetto sorge , su varie “ isole polesele“ emergenti dai rami paleoalvei de l'acoa ciamà Menago. Si raggiunge seguendo la strada provinciale per Verona. Ha una parrocchia autonoma e la chiesa dedicata a San Nicolò fu eretta attorno l’anno 1532., el campanil Tore del dell'800. Il paese conta circa 2.050 abitanti e vanta come persona piiasè importante el Cavalier del Lavoro Giuseppe Merlin, (1881 1964) l’ideatore dell’artigianato del mobile antico che, verso la fine degli anni Dieci, creò un laboratorio - botega d'arte e anche una scuola riconosciuta dal ministero del lavoro e dell’istruzione per la formazione di artigiani, che dopo il 1950 i'à verto botega de marangoni par far el mobile d’arte. Nela “bottega- scuola” Giuseppe Merlin - Bepo Marco 1881 - 1964, si formarono artigiani del paese e delle Isoloe vizine e nel dopoguerra l’attività del mobile si è sviluppata sempre più, coinvolgendo la maggior parte degli abitanti del paese. L’attività del mobile d’arte portata avanti da numerosi allievi dei Maestri d’arte Vasco e Remo Merlin,e poi Giuseppe Merlin Junior figli e nipote del capostipite “ Bepo Marco” hanno dato l’inizio e hanno proseguito nell’attività di divulgazione della cultura del mobile d’arte fino ai nostri giorni. In a Sparè tto ancora oggi presente la prima botega diretta da L’Architetto Giuseppe Merlin Junior e figlia Elena. Lo sviluppo della manifattura del mobile d’arte, è un’attività che ebbe inizio fin dalla metà degli anni Venti Asparetto.
Giuseppe Merlin, senior si mise a restaurare mobili antichi per tutto il patriziato Veneto Mantovano. La bravura accompagnata dalla scuola – bottega consentì che un seguito di allievi si occupasse sotto la direzione dei Maestri Vasco e Remo di “aggiustare” mobili antichi o semplicemente vecchi, che talmente cattive ne erano le condizioni, che di fatto richiedevano la ricostruzione quasi totale del mobile.
L’abilità acquisita nel riprodurre fedelmente mobili delle varie epoche, portarono ben presto a trasformare la bottega - scuola in vera e propria attività mercantile e concorrenziale per il restauro di mobili d’arte in quella di costruzione di mobili d’arte, spesso utilizzando per questi legnami d’epoca recuperati da altri mobili sottratti al disfacimento. Il favore che questi mobili incontrarono sul mercato, dapprima veronese poi ampliando sempre più la propria fama in Italia e nel mondo, fu tale che il paese divenne centro di una zona, estesa a numerosi paesi della pianura veronese, di una fiorente attività economica legata alla produzione di mobili e antiquario a partire dal secondo dopoguerra.
Giuseppe Merlin, senior si mise a restaurare mobili antichi per tutto il patriziato Veneto Mantovano. La bravura accompagnata dalla scuola – bottega consentì che un seguito di allievi si occupasse sotto la direzione dei Maestri Vasco e Remo di “aggiustare” mobili antichi o semplicemente vecchi, che talmente cattive ne erano le condizioni, che di fatto richiedevano la ricostruzione quasi totale del mobile.
L’abilità acquisita nel riprodurre fedelmente mobili delle varie epoche, portarono ben presto a trasformare la bottega - scuola in vera e propria attività mercantile e concorrenziale per il restauro di mobili d’arte in quella di costruzione di mobili d’arte, spesso utilizzando per questi legnami d’epoca recuperati da altri mobili sottratti al disfacimento. Il favore che questi mobili incontrarono sul mercato, dapprima veronese poi ampliando sempre più la propria fama in Italia e nel mondo, fu tale che il paese divenne centro di una zona, estesa a numerosi paesi della pianura veronese, di una fiorente attività economica legata alla produzione di mobili e antiquario a partire dal secondo dopoguerra.
E' proprio la cultura della scuola - artigiana Asparetese a rendere le aziende così attenti e costantemente alla ricerca dello sviluppo del gusto. Anche per le imprese di maggiori dimensioni, curano il rapporto diretto con i bisogni e le indicazioni della sofisticata clientela.
Gusto e ricerca sono perseguite giorno per giorno in ogni bottega specialmente quelle che producono con più originalità e a mano.
La vendita diretta, le Fiere del settore, il contatto con operatori di tutto il mondo sono altrettanti modi per rendere l'azienda sempre in linea con l'evoluzione dei gusti del pubblico
Il legno é il valore che accomuna tutti i produttori del mobile d’arte ed è testimonianza dell’amore con cui si rispettava l’antico e vasto Bosco che copriva le ampie valli del Menago fin dall’antichità.
Il simbolo di Asparetto infatti è l’Olmo, nel centro del Paese dopo il Mulino - Castello a tre ruote (citato anche da Bresciani) infatti un gigantesco olmo ultrasecolare dominava il centro della piazza di Asparetto dove si trova la chiesa, il teatro, l’ostria, la casa della gioventù le botteghe, i negozi.
L’Olmo plurisecolare dava ospitalità ai compaesani e anche al “scarparo” ma andò bruciato nel 1925. Ancora vivo, per tutti, è il ricordo di quel grande olmo, e per meglio ricordarla si è voluto dare il nome ad una trattoria e al locale coro “Le voci de l’Olmo”.
L’amministrazione comunale ha voluto rinsaldare questo vecchio simbolo , nella sistemazione del centro urbano, ha riposizionato l’olmo al centro della piazza.
Manifestazioni
Proloco e Associazioni promuovono in paese numerose manifestazioni, ricordiamo:
Biennale Asparetto (VR): Olmo d'Oro di scultura e pittura a cura di Arte Aspereta
Premio Olmo d'Oro,
Albo dei premiati:
1986 Francesco Bertolini bertocesco@bertocesco.it
6 gennaio: Buriolo, Pira di fascine da bruciare per propiziare il nuovo anno.
Fine maggio: rassegna corale il “Coro dell’Olmo”
Terza domenica di ottobre:
sagra tradizionale dell’anitra con stand gastronomico.
Piatto tradizionanele: risotto con el tastasal o con l’anara / anara arosto
Vin :Torbolin
Le Ville a est di Asparetto | |||||
Villa Dionisi Villa Dionisi rappresenta un elegante edificio barocco, realizzato tra il 1740 e il 1766 in prossimità di una torre ritenuta del ‘400. Il palazzo Cadalago fu eretto dal Marchese G. Dionisi per dare una decorosa dimora rurale alla famiglia e lui stesso fu progettista e sovrintendente alla costruzione. Per accedere a Villa Dionisi, si attraversa un ponte con torricelle, così da mostrarsi come un castello. Al suo interno, affreschi di Marco Marcola (1778). Villa Catarinetti Franco - Bertelè Rappresenta una delle più schiette e rare interpretazioni del gusto barocco in ambito veronese. La vollero sul finire del XVII secolo i nobili Franco che modificarono un preesistente edificio acquisito, unitamente ad una vasta area circostante. La configurazione attuale dell’edificio è il frutto di una serie di interventi che si protrassero fino agli inizi del XVIII secolo. La parte centrale del complesso fu ultimata entro la fine del ‘600, mentre la costruzione delle ali va riportata al primo decennio del secolo successivo. Ancora più tarda è la costruzione della cappella gentilizia iniziata nel 1714 e consacrata nel 1734. La villa è completata da un immenso giardino e, nella parte posterioe, attorno ad una vasta corte, da edifici rusticali indispensabili per il buon funzionamento dell’azienda (portici, barchesse, stalle). Nella cappella si può ammirare un altare di tradizione barocca, opera forse della bottega dei Rangheri e alcune tele attribuite a Michelangelo Prunati. Palazzo Ormanetto Villa Ormanetto a Isolella, un fabbricato con piano terreno rialzato, ha la consueta disposizione degli ambienti alla veneta, vale a dire sale centrali e stanze ai lati.
Il Castello a sud | |||||
Data di inizio: | 16/11/2003 | ||||
Data di chiusura: | 04/04/2004 | ||||
Manifestazione: | IL TEATRO | ||||
Titolo: | IL TEATRO | ||||
Comune: | ASPARETTO | ||||
Luogo: | teatro comunale | ||||
Orario: | 16.00 | ||||
Descrizione: | Rassegna domenicale per famiglie nei teatri di Asparetto , Legnago, Minerbe e Villa Bartolomea. Per dettagli vedi in manifestazioni. | ||||
Chi organizza: | Teatro Asparetto Prevendite Gastronomia Alice Asparetto Biglietti: adulti 5 euro; bambini 3 euro. | ||||
Telefono: | 0442 83154 |
Giovedì 29 Novembre 2001
CEREA. Ampliato il cartellone della stagione di Asparetto | |
A teatro si va da spettatori ma anche per imparare | |
In programma tre incontri sulla storia e sul ruolo degli attori | |
Asparetto. Il cartellone stilato dall'associazione «Teatro aperto» di Asparetto per la stagione culturale 2001-2002 appena iniziata diventa più nutrito e ricco di appuntamenti. Alle già programmate rassegne riguardanti la prosa, la musica, gli incontri mirati ai bambini delle scuole ed alle loro famiglie, senza dimenticare i corsi di psicologia, il direttivo che gestisce il calendario della sala ha deciso di inserire tre incontri sulla storia del teatro, dalle origini ai giorni nostri, e sul ruolo degli attori. Si tratta di appuntamenti ai quali parteciperanno, in qualità di esperti, la professoressa di teatro all'università di Verona Marzia Pieri, l'attore e regista Gianni Franceschini e l'autore di testi e conduttore di laboratori teatrali Vincenzo Todesco. Il corso verrà ospitato dalle sale del teatro di Asparetto per tre mercoledì consecutivi, con tematiche diverse, con l'adesione di almeno venti iscritti. Il costo della partecipazione sarà di 25mila lire, anche se i soci del teatro potranno versare una quota ridotta di 20mila . Per le iscrizioni (telefoni 0442.83.790 e 0442.83.719), Donatella De Paoli e (telefono 0442.83.112) Flavia De Paoli. Questo il programma completo degli incontri: mercoledi 5 dicembre alle 21 la relatrice Marzia Pieri tratterà il tema «Dallo sciamano alle maschere», mentre il mercoledì successivo (12 dicembre) illustrerà l'argomento «Il paradosso del commediante»; infine mercoledì 19 dicembre, sempre alle 21, i relatori Todesco e Franceschini spiegheranno «Il teatro del Novecento: universo Becket». (g.m.) |
Da l' ARENA di Martedì 3 Giugno 2003
Asparetto.
Per Angelo Morini il 2 giugno è una data doppiamente storica, visto che durante la guerra che portò alla sconfitta nazifascista ed alla nascita della Repubblica lui rischiò la vita spesso: a Cefalonia, dove scampò all’eccidio fatto dai tedeschi; in un campo di concentramento; in una fabbrica della Germania. Oggi il reduce della divisione «Acqui» soffre d’insonnia È morto molte volte. E le racconta
Asparetto.
Come si sta con un mitra puntato sulla pancia un secondo prima dello sparo? Su una zattera stipata da prigionieri e pesanti animali? Come si fa ad avanzare strisciando per la strada con un fisico debilitato di soli 34 chili o a sopravvivere in una tradotta tra corpi schiacciati e asfissiati dagli escrementi? Ha vissuto e può raccontare tutto questo il fante Angelo Morini, classe 1921: «Sono morto più d'una volta, ma grazie al cielo sono uscito dall'inferno della guerra». Partito nel gennaio 1940 a 19 anni, fu destinato al 18° Fanteria della divisione «Acqui», che fu annientata a Cefalonia. Nella caserma «Cassino» di Merano, svuotata dai soldati trasferiti in Grecia, Morini fu accanto in quel periodo ai commilitoni veronesi Antonio De Guidi, Giuseppe Lanza-Ferrarini ( milite ignoto medaglia al d’oro al valor militare morto in Danziaca (Via Adolfo Hitler) negli ultimi giorni di combattimenti tra russi avanzanti e tedesci con i prigionieri a difendersi di Asparetto, Giovanni Guandalini di Raldon e Zeno Turrini di Cadeglioppi, ancora oggi vivi, e Pietro Montagnoli di Casaleone, morto qualche tempo fa. Dopo l’8 settembre, mentre l'ordine fu di cedere le armi ai tedeschi, vari capi militari italiani scelsero lo scontro sapendo del vantaggio di essere più numerosi sull' isola. Ma non avevano calcolato che le armi favorivano i nemici e che, dice Morini, «bastò un solo caccia tedesco per fare una strage». I dati storici sono tremendi: 9mila 640 soldati perirono sul campo ed oggi sono ricordati come i martiri di Cefalonia e Corfù. Morini e l'amico Montagnoli si calarono giù dalle colline di uliveti, ma poi si consegnarono perché non c'era più nulla da fare. «Mi sfilarono l'orologio. Ma silenzio: guai reagire. Il nostro capitano fu freddato con un colpo alla tempia, mentre io e il mio compagno ci salutammo piangendo. Invece, non so ancora come, ci risparmiarono buttandoci in una fossa dove stavano altri, pronti per la fucilazione dell’indomani. Un altro contrordine ci evitò la fine, ed allora fummo condotti ad un piccolo porto e messi su una stretta zattera per l'Albania. Riuscirono a malapena a farci stare, un centinaio di prigionieri insieme ai muli, rompendo spesso col calcio del fucile gambe e braccia di molti che non entravano».
I due amici veronesi si divisero allorquando il fante Angelo fu portato in una tenda d'infermeria perché colto da febbre malarica: lì finalmente portò alla bocca un po' di cibo dopo tanto tempo. Seguirono dodici giorni in una tradotta verso un campo di concentramento della Germania, di cui non ricorda il nome, attraversando parte dell'Est Europa. Nel lager si lavorava e si mangiava un po' di pane di segale e scorze di patate trovate nell'immondizia. «Siamo nell'ottobre 1943- prosegue Morini-. Gli ufficiali vennero uccisi, mentre ai soldati si fece scegliere se arruolarsi in guerra accanto ai tedeschi oppure se consumarsi nei lavori forzati del campo». Morini preferì il lavoro e finì in fonderia, dove si costruivano ruote di carro armato. Dopo sei mesi arrivò ad un peso di 34 chili e cominciò a muoversi strisciando, incapace di reggersi. Due lettere divisero quelli da mandare allo sterminio e gli altri ai lavori in campagna. Pur scheletro vivente, ancora una volta Morini fu risparmiato e inviato ad una famiglia della Baviera. Abitava nel paese di Cornau, sotto la città di Osnabruck. Prima di lavorare, il soldato dovette essere rifocillato e curato, dato il suo fisico fortemente debilitato.
«Il vecchio della casa inizialmente vedeva la mia debolezza e quasi non credeva nel mio recupero, ma insistetti nella promessa che, una volta ripreso, avrei lavorato tanto per essergli grato. Così accettò. Dopo un anno e mezzo da fedele lavoratore, non voleva più lasciarmi andare». Il suo nome all'incirca era Wilhelm Logoman, ma oggi Morini giura che non vuol più saperne di quella Germania che gli ha fatto passare lunghi terribili incubi. Un ultimo episodio fece rischiare la morte al prigioniero italiano. Nell'ispezione delle bestie in campagna con la padrona, i due incapparono in una coppia di soldati tedeschi inferociti. Uno schiacciò il mitra nella pancia di Morini, ma la donna scoppiò in pianto, straziata, e il tedesco evitò di sparare: gli sferrò solo un forte colpo col calcio del mitra. Da quel fatto, si rinchiuse in casa terrorizzato per due settimane. Infine, l'avanzata americana verso Berlino seminò molti morti tra i soldati tedeschi. I guardiani dei prigionieri nelle campagne si misero in fuga. La zona fu liberata e Angelo Morini nel settembre 1945 tornò in Italia, in treno fino a Peschiera ed in pulmino fino ad Asparetto di Verona. Oggi mostra il diploma del valore della divisione «Acqui», con il sorriso del reduce le cui preghiere per rimanere in vita sono state ascoltate. In paese ha ritrovato l'amico Antonio De Guidi, oggi novantenne. Morini non piange, ma quei ricordi sono vivi tanto che l'angoscia ancor oggi lo fa difficilmente addormentare di notte.
Stefano Vicentini
----------
BREVE COMMENTO:
Una frase, soprattutto, colpisce, del racconto di Morini: essa suona come conferma dell'esistenza dell'ordine di cedere le armi -ricevuto dal gen. Gandin- e, conseguentemente, come condanna dei folli e velleitari "ufficiali rivoltosi" che, furbescamente basandosi sulla superiorità numerica della Acqui, impedirono che il predetto potesse ottemperare a tale ordine, concorrendo, di conseguenza, a provocare il massacro.
Le parole di Morini, non lasciano dubbi in proposito:
"Dopo l’8 settembre, mentre l'ordine fu di cedere le armi ai tedeschi, vari capi militari italiani scelsero lo scontro sapendo del vantaggio di essere più numerosi sull' isola. Ma non avevano calcolato che le armi favorivano i nemici e che, dice Morini, «bastò un solo caccia tedesco per fare una strage»".
GRAZIE SIGNOR MORINI: VALGONO MILLE VOLTE DI PIU' LE SUE PAROLE DI TANTE RIEVOCAZIONI DEI "PATACCARI" CHE IMPERVERSANO SULLA TRAGEDIA DI CEFALONIA !
MASSIMO FILIPPINI
I due amici veronesi si divisero allorquando il fante Angelo fu portato in una tenda d'infermeria perché colto da febbre malarica: lì finalmente portò alla bocca un po' di cibo dopo tanto tempo. Seguirono dodici giorni in una tradotta verso un campo di concentramento della Germania, di cui non ricorda il nome, attraversando parte dell'Est Europa. Nel lager si lavorava e si mangiava un po' di pane di segale e scorze di patate trovate nell'immondizia. «Siamo nell'ottobre 1943- prosegue Morini-. Gli ufficiali vennero uccisi, mentre ai soldati si fece scegliere se arruolarsi in guerra accanto ai tedeschi oppure se consumarsi nei lavori forzati del campo». Morini preferì il lavoro e finì in fonderia, dove si costruivano ruote di carro armato. Dopo sei mesi arrivò ad un peso di 34 chili e cominciò a muoversi strisciando, incapace di reggersi. Due lettere divisero quelli da mandare allo sterminio e gli altri ai lavori in campagna. Pur scheletro vivente, ancora una volta Morini fu risparmiato e inviato ad una famiglia della Baviera. Abitava nel paese di Cornau, sotto la città di Osnabruck. Prima di lavorare, il soldato dovette essere rifocillato e curato, dato il suo fisico fortemente debilitato.
«Il vecchio della casa inizialmente vedeva la mia debolezza e quasi non credeva nel mio recupero, ma insistetti nella promessa che, una volta ripreso, avrei lavorato tanto per essergli grato. Così accettò. Dopo un anno e mezzo da fedele lavoratore, non voleva più lasciarmi andare». Il suo nome all'incirca era Wilhelm Logoman, ma oggi Morini giura che non vuol più saperne di quella Germania che gli ha fatto passare lunghi terribili incubi. Un ultimo episodio fece rischiare la morte al prigioniero italiano. Nell'ispezione delle bestie in campagna con la padrona, i due incapparono in una coppia di soldati tedeschi inferociti. Uno schiacciò il mitra nella pancia di Morini, ma la donna scoppiò in pianto, straziata, e il tedesco evitò di sparare: gli sferrò solo un forte colpo col calcio del mitra. Da quel fatto, si rinchiuse in casa terrorizzato per due settimane. Infine, l'avanzata americana verso Berlino seminò molti morti tra i soldati tedeschi. I guardiani dei prigionieri nelle campagne si misero in fuga. La zona fu liberata e Angelo Morini nel settembre 1945 tornò in Italia, in treno fino a Peschiera ed in pulmino fino ad Asparetto di Verona. Oggi mostra il diploma del valore della divisione «Acqui», con il sorriso del reduce le cui preghiere per rimanere in vita sono state ascoltate. In paese ha ritrovato l'amico Antonio De Guidi, oggi novantenne. Morini non piange, ma quei ricordi sono vivi tanto che l'angoscia ancor oggi lo fa difficilmente addormentare di notte.
Stefano Vicentini
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BREVE COMMENTO:
Una frase, soprattutto, colpisce, del racconto di Morini: essa suona come conferma dell'esistenza dell'ordine di cedere le armi -ricevuto dal gen. Gandin- e, conseguentemente, come condanna dei folli e velleitari "ufficiali rivoltosi" che, furbescamente basandosi sulla superiorità numerica della Acqui, impedirono che il predetto potesse ottemperare a tale ordine, concorrendo, di conseguenza, a provocare il massacro.
Le parole di Morini, non lasciano dubbi in proposito:
"Dopo l’8 settembre, mentre l'ordine fu di cedere le armi ai tedeschi, vari capi militari italiani scelsero lo scontro sapendo del vantaggio di essere più numerosi sull' isola. Ma non avevano calcolato che le armi favorivano i nemici e che, dice Morini, «bastò un solo caccia tedesco per fare una strage»".
GRAZIE SIGNOR MORINI: VALGONO MILLE VOLTE DI PIU' LE SUE PAROLE DI TANTE RIEVOCAZIONI DEI "PATACCARI" CHE IMPERVERSANO SULLA TRAGEDIA DI CEFALONIA !
MASSIMO FILIPPINI
Comitato per Asparetto
Poeti e scrittori di Asparetto:
- Renato Garzon ora residente ad Angiari (VR)
- Lanza Rosa De’Paoli
- Rigato Daniela
- Felici Marco ora residente a Ferrara
- Renato Dè Paoli Lanza in arte Renè d’Asparè ora residente a Vicenza tel. 0444 541723 WWW.artedepaolironchin.org
-
- Mario Storari ora residente a Cerea
Università Condominio Co. Asparetto
Valle del Menago - Centro Studi - Fondazioni
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