giovedì 6 gennaio 2011

Mostra “Vita e morte nell’età del bronzo”

Soprintendenza per i Beni Archeologici di Padova, in collaborazione con l’Università di Padova
MOSTRA “VITA E MORTE NELL’ETA’ DEL BRONZO. IL RACCONTO DELLE SEPOLTURE DI OLMO DI NOGARA”

Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine
Barchesse di Villa Badoer, Via Tasso, 1 – Fratta Polesine (RO)
16 ottobre 2010 – prorogata al 20 febbraio 2011(10 gennaio) 2011
(orario: tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00)
Tel 0425-668523; email: sba-ven.museofratta@beniculturali.it
I risultati dello studio osteologico integrato dalle informazioni archeologiche delle sepolture dalla necropoli di Olmo di Nogara (VR) saranno oggetto di una mostra organizzata dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici per il Veneto con la collaborazione del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Padova presso villa Badoer a Fratta Polesine, sede che ospita il museo Archeologico Nazionale.
Il sito di Olmo di Nogara, situato nella pianura veronese lungo le sponde del fiume Tartaro, a pochi chilometri da Legnago (VR), è stato scavato negli anni ‘80 e ‘90 dalla Soprintendenza archeologica del Veneto sotto la direzione di Luciano Salzani. Gli scavi hanno messo in luce una vastissima necropoli, caratterizzata da biritualismo, di ben 456 tombe ad inumazione e di 61 ad incinerazione databili tra l’età del Bronzo media e recente (XV – XIII sec.a.C.).
Si tratta di una delle necropoli più importanti risalenti all’età del Bronzo di tutta la protostoria italiana, per aver restituito dalle sepolture maschili una delle più spettacolari collezioni di spade in bronzo perfettamente preservate ad oggi ritrovate in Europa, oltre a numerosi corredi provenienti dalle tombe femminili, rappresentati da spilloni, fibule in bronzo e perle d’ambra. Tuttavia l’aspetto che forse più di altri rende unica la necropoli di Olmo di Nogara è l’eccellente stato di conservazione e la completezza anatomica dei resti scheletrici degli inumati rinvenuti. Si tratta di un evento molto raro nella pratica archeologica, che ha permesso di intraprendere uno studio paleobiologico sistematico su tutto il materiale scheletrico permettendo così di ricostruire lo stato di salute e l’attività occupazionale, ma soprattutto di riconoscere una fra le più antiche testimonianze di conflitto armato documentate per il nostro paese.
In esposizione saranno visibili alcune sepolture originali, oltre a numerosi materiali archeologici ritrovati nelle tombe e a una rassegna dei resti osteologici più significativi per narrare la storia di una popolazione che viveva e moriva nel Veneto nella lontana età del Bronzo.
Fonte: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto

1 commento:

  1. Isola Rizza fu abitata fin dal IV millennio a.C.
    La sua storia e il suo nome sono dati dall'acqua e dal lago che la circondava e dalla venerazione dela dea Veneta Riza. Ciò è attesta dai ritrovamenti di antichi insediamenti e dalla scrittura prelatina attestata nei rinvenimenti della Necropoli di Calandri.Purtroppo il Museo Archeologico di Verona espone poco e male quanto ritrovato. Di sicuro è conservato l'attacco di un'ansa di un vaso di bronzo ritrovato nel 1889. Il reperto risale al periodo della civiltà degli Etruschi e dei Veneti (VI secolo a.C.). A Pieve a circa sessanta centimetri di profondità, si ritrovò un'urna fittile integra del periodo fra l'età del Bronzo e l'età del Ferro, conservata presso il Museo di Storia Naturale di Verona.

    A Casalandri, nella necropoli, nel 1982 si ha avuto il rinvenimento d'alcune tombe del II secolo a.C. Complessivamente sono state portate alla luce centoundici sepolture. Casalandri fa parte di una folta serie di necropoli che partono dal padovano e finiscono a Valeggio sul Mincio. La tipicità di questo ritrovamento è rappresentata dal biritualismo fra inumazione e cremazione. È il punto centrale del lento e pacifico assorbimento delle popolazioni locali dei nuovi venuti dal Lazio.
    A proposito di questo rito misto, che distingue stirpi discendenti dagli indoeuropei e i discendenti da civiltà ebraiche, Luciano Salzani riporta, sottolineandone l'importanza
    del rito funebre attestando che il rito è misto, con una prevalenza del numero degli incinerati rispetto a quello degli inumati. Le ossa bruciate delle tombe a cremazione non sono deposte all'interno di un'urna, ma sono ammucchiate in un angolo della tomba. È anche possibile che fossero contenute all'interno di un recipiente di legno o di cuoio che non ha lasciato tracce. Assieme alle ossa si trovano una o più monete e le fibule. Il resto del corredo è costituito da piccoli vasetti, ollette e da ciotole contenenti ossa d'animali. Le armi sono rappresentate da spade, coltellacci, punte di lancia e umboni di scudo. Le tombe ad inumazione non presentano un'orientazione ben definita. In queste tombe il corredo si trova di regola presso la testa del defunto.
    3. 3. Storia

    È dell'alto medioevo il ritrovamento del Tesoretto di Isola Rizza, ora custodito al Museo di Castelvecchio, un gruppo di tredici oggetti di oro e di argento, ritrovati casualmente da un isolano mentre lavorava in un suo campo nell'inverno del 1873. Sono oggetti di fattura longobarda e probabilmente dell'inizio del VII secolo. Il pezzo più importante è un piatto in argento con un medaglione centrale a sbalzo con una scena di guerra, un cavaliere che trapassa con la sua lancia un guerriero.

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